Esseri umani come oggetti da usare e buttare: il problema etico del ricambio generazionale e relativa potenziale soluzione

Ha senso parlare di bassa natalità come problema? Problema perché e per chi?

Si crede che esista un problema di bassa natalità, ma ci si dimentica che il problema vero è la mortalità e tutto ciò che ne è alla base, come violenza, incidenti, malattie e invecchiamento. In sostanza tutto ciò che danneggia le persone e tutto ciò che le uccide. Vediamo di capire perché.

Premessa. La filosofia e la scienza si nutrono di dubbio e riflessione, mettendo in discussione anche ciò che sembra un dato acquisito, e non si accontentano di retorica del tipo “è sempre stato così”, “è così che va” (quindi è così che deve andare?).

In questo articolo facciamo una riflessione esistenziale che difficilmente si trova altrove, per lo meno a questo livello di approfondimento (anche se non entriamo qui nella definizione del concetto di problema, che sarebbe fondamentale). Niente retorica né sofismi, ma proprio questione di vita o di morte.

La trappola invisibile del ricambio generazionale e la trance della generazione di manodopera

Quando si sente parlare, ad esempio nei telegiornali, con nonchalance, di ricambio generazionale, quello che in realtà accade è che si sta parlando, senza nemmeno esserne consapevoli, di esseri umani come se fossero pezzi di ricambio. Ingranaggi sostituibili, quindi oggetti. Ne più e né meno. Una sorta di retaggio consumistico in cui ad essere consumate sono proprio le persone, alla stessa stregua di oggetti qualsiasi usati per scopi che esulano da loro stessi. Pensate che spettacolo.

Il problema generalmente percepito dalla persona comune non è che gli esseri umani vengono buttati via perché non più utili a mantenere la macchina produttiva (dato che invecchiano, diventando inabili e addirittura non autosufficienti, per poi morire per varie condizioni mediche, vedi geroscienza), il che è agghiacciante. No no, quello è considerato OK… “una tragedia ricorrente diventa un fatto della vita, una statistica” (vedi La Favola del Drago Tiranno).

Si inizia infatti a parlare di possibile “problema” solo se il rateo delle nascite scende sotto una certa soglia. In altre parole, solo se la generazione di manodopera è insufficiente, ovvero se i pezzi di ricambio non vengono generati abbastanza velocemente. Non se ci sono danni gravi e mortali alle persone. È un’aspetto della dimenticanza. Dimenticanza dello scopo primario, che è quello di stare bene.

Lo si capisce anche dall’espressione usata quando si parla del problema dell'”invecchiamento della popolazione” e della “bassa natalità”. Anche qui il paradosso è che non si vede l’invecchiamento come problema dei singoli, ma si vede solo quando riguarda la “popolazione” e ha un impatto sull’economia. Tutte entità incoscienti, processi astratti. Ma dovrebbe essere chiaro che se l’invecchiamento della popolazione è un problema, lo è perché è già un problema di energia, vitalità, salute, qualità di vita a livello di singolo individuo. Se infatti l’invecchiamento fosse una crescita e un miglioramento, come alcuni a volte sembrano sostenere, allora non sarebbe un problema nemmeno l’invecchiamento della popolazione, dato che, appunto, avremmo una popolazione di persone cresciute e migliorate.

In tutto questo processo o sistema di ricambio generazionale, le singole persone non contano nulla, né io, né te, né i tuoi cari. La vita dei soggetti, le entità effettivamente dotate di coscienza (quindi sentimenti), viene totalmente svalutata. Conta solo la sopravvivenza dell’apparato.

Quando fai notare che le persone non hanno scelto di nascere e si ritrovano condannate a sofferenza e morte, in un mondo in cui non solo non c’è garanzia di benessere e felicità, ma in cui “l’unica certezza è la morte”, un’obiezione tipica che viene fatta (a parte quella che non siamo mai stati meglio, come se questo dovesse implicare che sia sufficiente) è che se non ci riproduciamo l’umanità si estingue.

Ma in base a cosa, perché e per chi, sarebbe un problema la fine dell’umanità e non sarebbe un problema la fine di ogni persona, di ogni figlio? Quindi i figli vanno fatti a scopo utilitaristico? Per farli sacrificare allo scopo di mantenere in vita l’apparato preesistente? Ma non andavano fatti per amore e per renderli felici, per farli stare bene?

La cosa assurda è che inorridiamo, giustamente, degli allevamenti intensivi animali, senza renderci conto che noi stessi facciamo parte di un allevamento intensivo, caratterizzato da tappe, scadenze e macellazione. Eccola, la trance. Certo, la qualità della vita è, probabilmente, migliore di quella di molti allevamenti animali, almeno per un po’ di tempo, ma il concetto di fondo è il medesimo. Esseri umani creati non per loro scelta e allevati per produrre e morire, non certo per essere felici e liberi. Fa un po’ Matrix.

Ecco un articolo in cui si vede chiaramente che si sostiene che le persone devono essere generate a scopo utilitaristico: Italia, “500mila nascite entro il 2033 o il sistema sanitario crolla”.

Questo dovrebbe rendere l’idea della trance della generazione di manodopera in cui siamo completamente immersi. Interessante notare che siamo così immersi in questo bias, che ora che inizierebbe a svilupparsi manodopera artificiale grazie all’automazione e all’intelligenza artificiale, molti si lamentano in quanto hanno paura di essere sostituiti. Evidentemente si riconoscono unicamente come robot produttivi, come se non avessero una vita di relazioni, interessi e passioni esterna dal lavoro. Ma il lavoro dovrebbe essere un mezzo per (scopo) stare bene.

#life #school #work #family #death 👶🏼👨🏼‍🎓👨‍💼👨‍👩‍👧‍👦 💀

Largo ai giovani, ageismo ed etica letale

A parte il fatto che tutta l’infanzia e la giovinezza sono strutturate per formare persone da inserire nel mondo del lavoro, quindi per produrre lavoratori, sì, viene detto a volte che è importante essere felici e realizzare sogni, ma attenzione, sembra una sorta di optional e sembra valere solo per i giovani (ageismo). “Sei giovane, hai tutto il diritto di avere sogni e progetti”.

Non ci si azzardi ad avere desideri, sogni e bisogni, anche fisiologici di base, dopo una certa età! Dopo un po’ tutto “deve” finire e bisogna morire e “fare largo al nuovo” – senza il minimo rispetto per il vecchio (etica letale). È da poco uscita anche una canzone dei Foo Fighters, Beyond Me, che consiglierei.

Gli anziani “hanno fatto la loro vita”, quindi sembra che il loro presente e futuro non contino assolutamente nulla. Vietato sognare o addirittura tenere alla propria salute e vita. Chiunque osi dire che vorrebbe continuare a vivere e stare bene, a prescindere dal calendario, può essere addirittura preso per egoista, pazzo, malato, mentre sta dicendo solo di voler mantenere la salute e far valere il diritto alla vita, niente di più. Nessun egoismo, ma solo rispetto della propria e altrui vita.

Obiettare che bisogna fare largo ai giovani buttando via i non giovani è un esempio di ageismo, etica letale e fallacia naturalistica, oltre che di miopia. Certo che bisogna far largo ai giovani, una volta che sono al mondo, ma questo mica implica che i vecchi debbano perdere il diritto alla vita e alla salute. Il problema di questo tipo di etica letale è stato discusso anche in questo paper:

Cutas D. E. (2008). Life extension, overpopulation and the right to life: against lethal ethicsJournal of medical ethics34(9), e7. https://doi.org/10.1136/jme.2007.023622. [PubMed]

Vedi anche: Just Because I’m 90 Doesn’t Mean I’m Ready To Die – Or Disposable (naturalmente ci pensa l’invecchiamento in questo caso a non dare scelta, ma ciò non varrà più se, o quando, le persone non deperiranno con l’età).

Ma poi dire che il futuro è dei giovani è una miope illusione e presa in giro. Dato che il futuro dei giovani è di non essere più giovani, il futuro dei giovani è di non avere futuro. Quindi nessuno ha un futuro. Questo finché i danni biologici si accumulano (invecchiamento biologico) degradando salute e vitalità. Problema.

A che pro? L’illusione della giostra

Ma a cosa dovrebbe servire, a chi dovrebbe giovare la macchina produttiva che si vuole tanto preservare, se tutti coloro che dovrebbero beneficiarne vengono dopo poco tempo buttati via contro la propria volontà (violenza)? A sé stessa?

Peccato che questo apparato, la società, che si vuole tenere in vita dimenticandosi delle persone, sia una entità incosciente, quindi non può trarre giovamento da alcunché, e pertanto il tutto è un meccanismo privo di senso. In tutti i sensi: i sensi non li ha l’economia o la società. un insieme di processi che si crede di dover proteggere, li hanno le persone. Persone che però, come abbiamo visto, vengono buttate via, senza poter avere voce in capitolo. Fungono solo da carburante per far procedere l’apparato, tipo carbone buttato dentro la caldaia.

Perché non ha senso? Perché la coscienza fenomenica, quella cosa che può provare tutte le qualità sensibili tra cui affetti, piacere e sofferenza, e quindi essere la condizione di base per ciò che ha senso o meno, esiste al livello del singolo individuo, non a livello di società, che è una descrizione di un’insieme di invidui e processi. Quindi stiamo agendo in favore di un qualcosa che non può percepire alcun giovamento, in quanto non ha una soggettività, cioè non può percepire nulla.

Anche se pensassimo di agire per il bene delle persone che verranno, pensiero piuttosto comune e che ha comunque un qualcosa di nobile (almeno apparentemente), questo alla fine risulta illogico e insensato. Infatti, le “persone future” semplicemente non esistono e quindi non hanno desideri, né sentono mancanze, né stanno soffrendo o chiedendo di nascere. Se non mi riproduco non ci sono non-nati che soffrono. Così come se genero un figlio non c’è il non-fratello che sta soffrendo. Quanti non fratelli stanno soffrendo adesso? Nessuno. Mentre invece soffrono le persone esistenti che sono costrette a invecchiare, perdere tutto e morire.

Persone che, fare notare, sono quelle che prima si voleva far nascere a tutti i costi! O meglio, sarebbero le stesse per le quali si diceva di avere tanta attenzione quando non esistevano, ma ora che esistono effettivamente… chissene frega.

L’inghippo mentale, che qui è chiamato “l’illusione della giostra”, è che molti tendono ad immaginare che, se continuassero a rimanere in vita, ruberebbero “il turno” alle persone che stanno aspettando di salire nella giostra della vita. Ma nella realtà, le persone a terra che guardano la giostra non esistono, esistono solo le persone a bordo. (Inoltre la vita non è una semplice ruota che gira sempre uguale, ma è una continua evoluzione in cui cambia quasi tutto.)

Tutto ciò fa capire che non ha alcun senso accostare l’egoismo all’estensione della vita.

Quindi, di fatto ci stiamo sacrificando per il nulla, per ciò che non esiste. Si crede che si debbano creare all’infinito nuove persone, dimenticandosi che queste si ritroveranno, senza averlo scelto, schiave e intrappolate a loro volta in un sacrificio violento per ulteriori persone immaginarie a cui però non si dà valore, mentre si dà valore al processo di ricambio. È questo processo di ricambio infatti che si vuole preservare. Sembra una barzelletta, ma è realtà.

Non è che chi decide di non fare figli stia torturando persone. Non riprodursi non crea danni, mentre invecchiare e morire è proprio l’effetto del danneggiamento progressivo ed estremo.

Tutto ciò indica una trance in cui non si è pienamente consapevoli del contesto in cui si è (e che nessuno ha davvero voluto), semplicemente perché è un qualcosa che preesiste e quindi viene dato per scontato, normale, giusto, senza rifletterci a fondo, per via di un bias noto come fallacia naturalistica.

Chi desiderasse realmente questo sistema, nel caso in cui ci fosse un’alternativa, starebbe proponendo un’etica letale, e sarebbe di fatto, oggettivamente, una persona che desidera lo stare male e la morte di tutti e di sé stesso, e non dà valore alla salute. È un ripetitore.

Sono questi i veri pensieri negativi. I pensieri negativi non sono quelli di chi sembra pessimista perché si mostra sofferente e sottolinea i problemi enormi della condizione attuale, allo scopo di risolverli per stare veramente bene, ma sono quelli che fanno finta che la situazione vada bene quando invece è oggettivamente negativa. I pensieri negativi sono quelli che invertono la polarità della situazione oggettivamente negativa, tendendo quindi a mantenerla. È un concetto molto importante relativo al ruolo della sofferenza, che ha un’utilità quando serve a stare bene nel lungo termine.

Naturalmente, molti sistemi originati su base replicativa tendono ad auto-conservarsi, quindi pensieri di cambiamento/rivoluzionari possono essere talvolta considerati assurdi o malati a loro volta, anche se oggettivamente salutari e anti-tossici, solo perché diversi dallo status quo (appello alla normalità). Se lo status quo è malato – e di fatto lo è perché porta a malattia e morte, qualsiasi siano le cause – chi desidera veramente cambiare per stare bene può essere visto come un’anomalia o lui stesso malato/delirante. Ma di fatto è una persona con pensieri oggettivamente positivi, cioé che ricercano, e potenzialmente portano a, un benessere maggiore.

“Ma stai proponendo una soluzione a questo problema o è tutto uno schifo nichilistico irrisolvibile?” Uno potrebbe essere tacciato di nichilismo o pessimismo cosmico, tipo quelli che “meritiamo l’estinzione”, “l’uomo è infelice per natura” ecc.. Ma non è questo il caso.

La possibile soluzione che accontenterebbe tutti

La soluzione, teorica, ci sarebbe, ed è quella in cui ognuno ha la possibilità di vivere in salute per tutto il tempo che desidera, senza costrizioni.

In questo modo non viene violato il principio morale fondamentale, che è quello di non arrecare danno. Semplicemente si garantisce salute, libertà e tempo, e non vi è alcuna violenza o danno morale e materiale. Condannare a sacrificio, malattia, morte senza che si abbia libertà di scelta (stato attuale) invece potrebbe essere considerato violenza. Ancora siamo agli albori della comprensione del concetto di violenza. Qui c’è un doppio/triplo livello di violenza, ovvero quello fisico e psicologico legato alla condanna a morte, e quello di essere giudicati male (egoisti, folli, narcisisti, ecc.) se si desidera una prospettiva diversa da quella considerata “normale”.

Notiamo anche che questi diritti (vita, libertà e sicurezza) farebbero già parte della carta dei diritti universali dell’uomo, quindi non è nulla di esoterico:

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI, Articolo 3

NB: non ci sono postille scritte in piccolo tipo:”Il diritto vale solo per qualche anno, poi scade”.

Ma è possibile? Nulla in biologia indica che la morte sia necessaria, come ci ricorda RIchard Feynman. Per ottenere questa condizione, naturalmente il requisito minimo è risolvere i danni biologici che si accumulano nel tempo (invecchiamento biologico), quella cosa che, di sicuro, porta a disfunzione, disintegrazione e morte le persone. L’invecchiamento è un problema perché la salute è la cosa più importante, e l’invecchiamento la distrugge.

Ce ne sono anche altre di cause di morte, ma non sono certe, mentre quella è sicura, al momento, e causa circa 100 mila morti al giorno, cioè trenta 11/9/2001, al giorno.

Le parole chiave per questo tema sono geroscienza, medicina rigenerativa, ringiovanimento biologico, senescenza trascurabile, riprogrammazione cellulare, estensione della vita (life extension), etica non letale, filosofia morale.

Breve sintesi

L’articolo presenta un paradosso legato alla concezione del “ricambio generazionale”. Il paradosso si sviluppa in questo modo:

  1. La società tende a considerare il problema del “ricambio generazionale” come una questione di numeri, focalizzandosi sulla bassa natalità e sull’invecchiamento della popolazione. Questa visione riduce gli individui a pezzi di ricambio, a manodopera da sostituire.
  2. Questa percezione degrada la dignità umana, considerando le persone come meri strumenti per la sopravvivenza dell’apparato socio-economico. Ciò diventa particolarmente evidente quando il discorso pubblico si preoccupa di bassi tassi di natalità o di invecchiamento della popolazione solo quando questi fattori hanno un impatto sull’economia, non per la qualità della vita dei singoli individui.
  3. Si parla di un “problema” solo quando il tasso di natalità scende sotto una certa soglia, ovvero quando la generazione di manodopera è insufficiente. Non si considera un problema il fatto che gli individui invecchiano, diventano non autosufficienti e muoiono per varie condizioni mediche, per questioni legate al bias dello status quo / fallacia naturalistica.
  4. Viene sollevata l’obiezione che se l’umanità non si riproduce, si estinguerà, ma si può mettere in discussione questa affermazione chiedendo perché la fine dell’umanità dovrebbe essere considerata un problema maggiore della sofferenza individuale di ogni persona.
  5. In sintesi, il paradosso è che la società considera le persone come strumenti per il suo funzionamento, ignorando la sofferenza individuale e la perdita di dignità, ma al tempo stesso si preoccupa per la sopravvivenza dell’umanità come entità collettiva, piuttosto che per il benessere dei singoli individui.

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